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Sappiamo tutti quanto difficile possa essere cercare lavoro al giorno d’oggi, ma non è altrettanto diffusa la consapevolezza di quanto sia difficile il lavoro del recruiter che sta dall’altra parte della scrivania.

Hard e soft skill

Secondo i dati dell’Associazione italiana direttori del personale (AIDP) infatti i recruiter italiani hanno il tempo di visionare solo il 30% dei curriculum che ricevono. La valutazione di quel 30% viene poi spesso effettuata in base alle hard skill (quelle più facilmente valutabili come età, titolo di studio, esperienza), involontariamente tralasciando le soft skill (attitudini personali) che pure il 94% dei direttori del personale considera determinanti per l’assunzione.

I chatbot

Come migliorare questa situazione? Il trend globale è quello di affidarsi sempre più ai chatbot, programmi che simulano la conversazione fra il recruiter e il candidato. Isabella Covili Faggioli, presidente AIDP, intervistata sull’argomento da Wired ha individuato tre principali benefici dei chatbot: fanno risparmiare tempo, consentono di superare i pregiudizi e facilitano la selezione del candidato migliore.

Bot su misura

La realizzazione di un chatbot recruiter è un’opera che va ben oltre la mera programmazione, che di certo non è semplice né tanto meno standardizzata. Il chatbot va realizzato su misura per ogni singola azienda, in base alle esigenze particolari di ciascuna, tenendo conto anche di aspetti come la psicologia o la semantica per la valutazione del candidato con cui il chatbot si interfaccia.

Affiancamento, non sostituzione

Un punto fondamentale da chiarire è che i chatbot non intendono sostituire i recruiter umani, ma solo affiancarli. L’obiettivo è infatti quello di lasciare all’algoritmo la più semplice valutazione delle hard skill, lasciando tempo e spazio ai recruiter umani per valutare le soft skill tramite la loro sensibilità.

I vantaggi per chi cerca lavoro

Si tratta inoltre di una strategia che promette di portare diversi vantaggi anche ai candidati, oltre che ai reclutatori. L’automatizzazione della valutazione delle hard skill infatti garantirebbe quanto meno una prima valutazione a quel 70% di curriculum che al momento non vengono nemmeno considerati.

Le criticità

Rimangono comunque diverse criticità, prima fra tutte quella che riguarda l’utilizzo della mole enorme di dati che sarebbero gestiti da questi algoritmi. Se i progressi in questi settori dovessero rivelarsi soddisfacenti, quella dei chatbot potrebbe essere davvero la nuova frontiera nel mondo dei colloqui di lavoro.

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